Teatro

Con Amleto verso il Festival Internazionale del Teatro

Con Amleto verso il Festival Internazionale del Teatro

La tradizione drammaturgica greca e latina ha lasciato in eredità alla scena contemporanea una nozione archetipica formale e concettuale di grande suggestione: il prologo. Così, se è vero che incanto evoca incanto, il Nuovo Festival Teatrale Internazionale di Napoli, chimerica fantasticheria che si tramuterà sorprendentemente (ci auguriamo) in realtà a fine giugno 2008, ha inteso dotarsi di un breve Prologo autunnale in cui ha offerto un assaggio dell’ambizioso progetto culturale che è in procinto di realizzarsi nel grembo di Partenope. In tale prospettiva, inserire tra le performances di questa intensa “prefazione” artistica, “Per Amleto” , piéce che il giovane e brillante regista napoletano Michelangelo Dalisi ha dedicato alla figura dell’eroe tragico shakespeariano, ci sembra una scelta argutamente congrua, infatti Amleto medesimo, per il suo controverso ed indimenticabile profilo psicologico, per la misteriosa maschera esistenziale indossata con la dolente gentilezza della gioventù disillusa, è l’immagine speculare del gioco scenico e dell’indecifrabile segreto delle cose. Michelangelo Dalisi sembra, infatti, aver opportunamente interpretato la figura del Principe di Danimarca (a cui, inoltre, presta voce e gesto) cogliendo, attraverso espedienti scenici accattivanti ed ingegnose citazioni paraletterarie, il valore assoluto del modello shakespeariano nella sua eterna e labirintica rifrazione tra ricordi, eco e frammenti di plot (compreso l’abusato e celeberrimo “Essere o non Essere”). Insomma, in una manifestazione che si presenta come preludio e promessa di un’avventura affascinante e ricca di aspettative, dichiaratamente votata alla scoperta di nuove sensibilità artistiche ed alla valorizzazione di esperienze drammaturgiche alternative ed incisive, l’Amleto di Dalisi si pone ora come gradevole conferma della suddetta promessa, celebrando con un pizzico di giovanile compiacimento l’arte dell’attore e il ruolo eterno della narrazione, ora come monito latente della tradizione che, vigile sentinella nel fortificato terrapieno della storia, determina la propria autorità nell’immaginario collettivo, affidando all’attendibilità dei modelli riconosciuti il senso di ogni auspicata ed auspicabile contaminazione. Dunque è proprio in nome di questo Amleto/Dalisi, di questa figura ormai disincarnata, di questa anfibola traccia drammaturgica che, nel perpetuo ritorno al noto e al già detto, smarrisce terapeuticamente la memoria, suggerendoci il pericolo che si annida dietro ogni sclerotizzazione dell’essere, che guardiamo al Festival Internazionale del teatro di Napoli come ad un’occasione che operatori culturali e società civile non devono assolutamente perdere per dare visibilità a quanti, in ogni angolo della Terra (è un festival internazionale no?), anche lontano dai riflettori di un sistema tristemente autoreferenziato, hanno il coraggio, come i tre attori della messinscena di Dalisi, di guardare la luna, il cielo stellato o la linea rossa del tramonto che, come una scia di sangue, si staglia all’orizzonte e provare a ridare nuovo senso e nuova vita alla superiore realtà della finzione scenica.